Dai ko myo il simbolo master Reiki
Usui Sensei, ideatore del sistema Reiki, grazie alla sua codificazione ci ha lasciato dei validi strumenti per aspirare ed uno stato di “essere” illuminato, perchè il nostro stato normale è quello di qualcuno che brancola nel buio alla ricerca di quella fonte, da cui tutto e tutti deriviamo e al quale, presto o tardi, faremo ritorno. “Chi sono io, da dove vengo, dove vado?“, sono semplici domande che hanno spinto l’essere umano a profonde ricerche interiori, utilizzando la filosofia, la religione e la metafisica come mezzi di ricerca per dare delle risposte, adeguate e soddisfacenti. Diverse culture e diversi credo ma stesse domande.
Il Reiki nasce con un intento ben preciso, e la sua essenza si evince dal suo kanji (ideogramma) che sta ad indicare la forza spirituale che permea tutto, spiegando il concetto di dualità e fusione e lasciando intuire che la verità che illumina i cuori va al di là di qualsivoglia giudizio.
In Giappone ci sono due forze che mitologicamente e filosoficamente creano e hanno creato il genere umano nella sua totalità: l’energia della terra e l’energia del cielo. I Taoisti parlano delle “3 forze” (terra, cielo e genere umano) e la loro filosofia mette queste due energie in evidenza, nelle quali il genere umano ha una posizione di centralità, laddove le energie naturali di terra e le forze cosmiche del cielo sono a suo sostegno.
Anche nel KIKO, che sarebbe il Chi kung giapponese, vengono usati degli esercizi specifici per portare tali energie in bilanciamento tra loro. Tutto ciò che è manifesto (terra) aspira alla trascendenza verso l’alto, tutto ciò che è latente (cielo) aspira a manifetarsi verso il basso. Prendere consapevolezza di tali energie fa comprendere il dinamico gioco vitale delle forze che tutto crea e tutto distrugge. Non stupisce, dunque, che Usui Sensei usasse il concetto di tali energie come centralità nel suo sistema. Cielo e terra indicano anche il concetto di dualità in tutte le sue espressioni. Anche nelle altre culture tali energie erano state individuate: basti pensare al Tao, portatore dello yin e dello yang. I Kotodama e i simboli del Reiki si riferiscono e si rifanno esattamente a tali energie. I mezzi lasciati in eredità da Mikao Usui ci offrono l’opportunità di fare piena esperienza del nostro “core” o nucleo, esplorando la nostra realtà materiale fisica, così come la nostra realtà spirituale sottile. Attraverso questi mezzi e la costante pratica si giunge man mano ad uno stato di consapevolezza maggiore. I 4 kotodama o simboli aiutano a bilanciare e a fondere in noi tali energie.
Il CKR, simbolo di forza, ha origini Tendai e si riferisce chiaramente all’energia di terra, esso ci riporta verso il nostro corpo e, dentro di noi, verso le senzazioni fisiche ad esso correlate, come il piacere o il dolore. Anche il SHK ci esorta ad esplorare il nostro mondo interiore, andando maggiormente in profondità e mettendoci in contatto con la sfera emozionale. Esso si incontra frequentemente nei monasteri in Giappone e, per la sua struttura, unitamente al CKR possiamo definirlo simbolo. Questi due simboli hanno anche un loro specifico kotodama (mantra), e servono a farci comprendere intimamente che tali energie non risiedono nei simboli, ma hanno le loro origini dentro di noi. Essi ci aiutano a focalizzare la nostra attenzione, facendoci prendere consapevolezza della nostra dinamicità. Infatti, ci portano ad esplorarci interiormente e a conoscerci intimamente.
Usui Sensei non insegnava a tutti con un metodo standard. Se un suo allievo era buddhista, egli usava la meditazione; se era shinto, egli usava i kotodama. Quando, infine, entrarono gli ufficiali di marina, egli usò i simboli per aiutarli ad ampliare la loro consapevolezza .
HSZSN e il DKM sono dei Kanji. HSZSN fa da ponte tra l’energia della terra e l’energia del cielo: infatti, in occidente viene usato per trascendere il limite spazio temporale e per inviare energia in assenza.
Esso ci apre alla concezione fondata sul fatto che non siamo divisi e che le nostre essenze sono legate per simpatia e risonanza con la fonte originaria. HSZSN ci dice che uno stato d’essere puramente fisico, ha le sue limitazioni, ma che le stesse possono essere trascese dalla nostra forza spirituale che risiede in ognuno di noi.
Ora l’attenzione si sposta non più solo su noi stessi, ma anche verso l’altro, micro e macrocosmo diventano due facce della stessa medaglia, con un’intrinseca connessione. La consapevolezza a questo punto si espande e nuove verità inondano il nostro essere, aprendoci a nuove esperienze e sensazioni. Il viaggio, spostandosi verso nuove percezioni rende la nostra mente attiva più che mai. Il pensiero creativo stimola la visione di nuovi orizzonti.
HSZSN ci indica la direzione nella quale proseguire il nostro viaggio alla scoperta del nostro Core. Ed ecco che si affaccia il DKM, la vera essenza del sistema Reiki. Tutto ciò che Usui Sensei ci ha lasciato come intento e come strumento si poneva come obiettivo il raggiungimento dello stato di essere illuminato. Si, perchè si tratta di uno stato d’essere e non di una condizione. Tradotto letteralmente DKM significa “grande luce spendente”. Io direi “grande luce che illumina”.
In Giappone il termine comunemente usato è Satori. E’ lo stato di “vacuità” dove tu ed io si fondono, dove maestro e studente diventano l’espressione della stessa forza creatrice. “Oneness”, o unità, direbbero in inglese ed è esattamente lo stato di consapevolezza cui la nostra anima fortemente aspira a sperimentare. Entrando in questo stato, il vivere ed il meditare si fondono, il giudizio cessa di essere, l’Io si scioglie ed emerge uno stato di coscienza nel quale l‘essere è l’apha e l’omega. DMK porta noi maestri di Reiki a comprendere una grande verità che da sempre risiede in noi: è nel “non agire che compiamo le più importanti azioni evolutive”.
Attraverso il rito di iniziazione il nostro Io sfaccettato comprende di essere un semplice tramite e che la massima aspirazione del master è quella di essere un canale vuoto. Il DMK ci insegna che creiamo la vera attivazione respiro dopo respiro, dentro il nostro essere spirituale.
Nello stato di satori non c’è piu giudizio, nè giusto o sbagliato, bene o male, non ci si preoccupa più del risultato, dei riti e dei codici, finalmente tutto si fonde, si unisce. La struttura, i mezzi e i codici che ci hanno guidato davanti alla luce splendente finiscono il loro intimo compito.
La liberazione da tutti i vincoli, regole e codici è la naturale conseguenza.
E’ cosi che nasce il vero maestro che da sempre risiede in ognuno di noi. DMK incita a far sorgere il nostro maestro interiore che con la sua luce illuminerà il mondo.
Il mio augurio è che le mie parole possano illuminare il sentiero di coloro che ancora delegano il potere al di fuori del proprio centro. I simboli non sono sacri, lo siamo noi ed espletiamo tale sacralità giorno dopo giorno con le nostre azioni.
Graziano Scarascia
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